NEBBIA e SMOG, veicoli di diffusione del VIRUS: lo confermano ricerche e tesi sulle qualità dell’aria

Pubblicato il 29 Ottobre 2020 alle 1:07

Le fitte nebbie e l’inquinamento stanno per tornare. Sarà uno degli effetti dell’ulteriore consolidamento di una vasto anticiclone di matrice africana pronto ad avvolgere tutto il nostro Paese, conseguenza affatto anomala in questo periodo dell’anno. Tuttavia, a preoccupare, non saranno solo le forti riduzioni della visibilità e una qualità dell’aria via via sempre più pessima, ma pure il fronte COVID-19, in quanto, secondo diversi studi, nebbie e smog inciderebbero negativamente sulla diffusione del virus.
Vediamo allora dove si registreranno i maggiori disagi e in che modo tali condizioni climatiche e ambientali potranno influire sull’epidemia.

Come spesso avviene nei periodi autunnali ed invernali le nebbie e i gas inquinanti si concentrano soprattutto sulla Val Padana, ma anche nelle vallate interne del Centro. Già nelle prossime ore, complice il ristagno dell’aria nei bassi strati, dovuto alla presenza dell’anticiclone, assisteremo ad una vera e propria escalation di questo pericoloso fenomeno.
Ma sarà soprattutto a partire dal weekend, in particolare durante la notte e al primo mattino, che avremo le conseguenze peggiori, con la circolazione stradale che potrebbe essere condizionata da forti riduzioni alla visibilità.
Sotto osservazione saranno soprattutto i tratti pianeggianti di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. In alcuni casi le fitte nebbie avranno la capacità di persistere anche nelle ore centrali del giorno, mantenendo un’atmosfera più grigia e, gioco forza, meno mite, rispetto alle aree montuose delle stesse regioni. Il persistere della nebbia nelle ore diurne non farà altro che peggiorare i livelli di inquinamento a causa della maggior presenza delle polveri sottili nei bassi strati dell’atmosfera. Le micro-particelle, contenute all’interno dei gas emessi da scarichi industriali, automobili e impianti di riscaldamento, tendono infatti a restare intrappolate tra il livello del mare e i 3/400 metri di altitudine, formando una sorta di velo o di cappa inquinante sopra i centri abitati delle zone pianeggianti.

EFFETTI sul COVID – Alcuni ricercatori ci stanno aiutando a capire, attraverso ricerche e tesi, quali conseguenze possono avere sulla diffusione del COVID-19, non solo il clima, ma anche l’ambiente e la qualità dell’aria.

Pare che l’aria inquinata e le polveri sottili, guarda caso presenti in maniera massiccia sia in Cina (in particolare sono state osservate similitudini tra la nostra Milano e Wuhan, da dove la pandemia partì) sia sulla Pianura Padana, favoriscano la virulenza di contagio: si tratterebbe di una correlazione diretta sulla quale si stanno peraltro effettuando ancora studi e analisi (nulla di definitivo, per intenderci).
Questo comunque spiegherebbe almeno in parte il contagio particolarmente aggressivo ed elevato di Coronavirus in Valpadana (ricordiamo che Brescia e Bergamo, nella prima ondata di contagi, erano state le province più colpite nel nostro Paese e anche tra le più inquinate). Da ciò è stato ipotizzato che le polveri sottili abbiano esercitato una veloce accelerazione nel contagio, in quanto fungerebbero da nuclei di trasporto per il virus, il quale proprio grazie ad esse può fluttuare a più elevate concentrazioni nell’aria, ma anche viaggiare a più lunghe distanze: l’azione delle poveri sottili, in pratica, potrebbe essere paragonata proprio a quella stretta di mano che dobbiamo evitare, o ad un abbraccio.
Insomma, per più di qualche scienziato esse si configurerebbero come vere e proprie autostrade per il virus.

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