Il 4 NOVEMBRE tra VIRUS, ALLUVIONI e STORIA D’ITALIA

Pubblicato il 4 Novembre 2020 alle 12:13

Il 4 Novembre è un giorno particolare, sia da un punto di vista meteorologico, sia sul piano storico: il 4 novembre 1966 si verificarono contemporaneamente l’alluvione di Firenze e il record storico di acqua alta a Venezia, mentre 102 anni fa, il 4 Novembre 1918 in un giorno triste e grigio come oggi venne firmato l’armistizio che pose fine alle ostilità tra Italia e Austria a conclusione del Primo Conflitto Mondiale.

1966. Quadro METEOROLOGICO GENERALE –
L’Italia sin dalla fine del mese di Ottobre si trovava sotto assedio di persistenti centri di bassa pressione che continuavano a spingere le perturbazioni atlantiche, cariche di pioggia, richiamando dai quadranti meridionali fortissimi venti di Scirocco sull’Adriatico, sullo Ionio e sul Tirreno. La pioggia cadeva insistentemente già da almeno una settimana su gran parte del Paese.

ALLUVIONE di FIRENZE.
I fattori meteorologici specifici che concorrevano al quadro atmosferico generale e che hanno contribuito alla piena del fiume Arno si possono sintetizzare in 3 elementi: a) Sui mari italiani è presente un vortice depressionario con minimo tra il Golfo di Genova e il mar Tirreno, responsabile di maltempo persistente; b) i venti meridionali di origine libico-sahariana, in origine caldi e secchi, si arricchiscono di umidità lungo il lunghissimo percorso sulla superficie del Mediterraneo, scaricando poi tutta l’acqua sino a quel momento accumulata a ridosso dell’Appennino tosco-emiliano; c) sull’Europa orientale è presente un robusto campo di alta pressione che funge da Blocco nei confronti delle perturbazioni, che pertanto su accaniscono per giorni sulle stesse zone.
I fatti: nonostante il maltempo continuasse a flagellare la città, nessuno appariva preoccupato dalla situazione di Firenze; la piena dell’Arno in apparenza sembrava ordinaria, tanto da rientrare fra i ricorrenti fenomeni stagionali. Purtroppo, tuttavia, non si trattava del classico temporale autunnale perché la pioggia non cessava dal 25 ottobre e, addirittura, nella sola notte tra il 3 e il 4 novembre caddero quasi 200 mm di acqua, rispetto ad una media di 823 mm di precipitazioni in tutto l’anno. L’esercito, le forze dell’ordine e i vigili del fuoco erano stati allertati sulla pericolosità della situazione, ma la popolazione civile rimaneva ignara, e comunque le maggiori preoccupazioni riguardavano l’alto Valdarno e il Mugello, il bacino idrografico a monte di Firenze, dove tutti i torrenti da Arezzo a Reggello e Pontassieve stavano straripando, causando rischiosi allagamenti. Con le prime vittime l’Arno cominciò a far seriamente paura, avendo già inondato l’intero comprensorio e la piena si dirigeva inesorabilmente verso Firenze, mentre le squadre di soccorso erano ancora occupate nei comuni limitrofi. All’alba del 4 novembre il fiume iniziò a rompere gli argini anche nel capoluogo invadendo le zone di Varlungo e Gavinana; la piena procedeva per i lungarni e sommergeva tutti i quartieri storici per raggiungere, infine, nella mattinata, anche Santa Croce e Piazza del Duomo; l’ondata si moltiplicò anche nei comuni della periferia a valle (Sesto Fiorentino, Signa, Scandicci, Campi Bisenzio) con il concorso degli affluenti dell’Arno, e di fatto tutta l’area urbana si ritrovò isolata. Il livello dell’acqua, che raggiunse nel pomeriggio picchi di oltre 5 metri, superò di gran lunga tutte le precedenti inondazioni (compresa quella del 1844, ritenuta inarrivabile), ma l’allarme venne lanciato solo all’ultimo momento e i soccorsi tardarono a mettersi in moto. L’inaudita proporzione dell’alluvione, che ha invase la città con 250 milioni di mc d’acqua e 600.000 mc di fango, colse tutti impreparati.
Salvataggio delle opere: con l’espressione angeli del fango, in Italia, sono state definite quelle persone, in prevalenza giovani, provenienti da tutto il mondo, che giungono spontaneamente in un luogo colpito da una grave alluvione per aiutare le popolazioni e facilitare il recupero delle aree; costituiti interamente da volontari, rappresentarono uno dei primi esempi di mobilitazione spontanea giovanile italiana nel XX secolo. L’espressione nacque proprio a seguito dell’Alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, quando migliaia di giovani volontari giunsero nella città toscana per aiutare le popolazioni colpite e recuperare, salvandoli dal fango, le opere d’arte, i dipinti, le statue, i libri antichi, i manufatti, patrimoni dell’umanità, che altrimenti sarebbero andati perduti.

ACQUA ALTA a VENEZIA. I Fattori meteorologici specifici che sempre concorrono alle alte maree sulla Laguna Veneta sono tre: a) marea astronomica, ovvero l’influenza della Luna, unico satellite del pianeta Terra, che, tra le altre azioni, svolge un ruolo fondamentale sul livello del mare; essa è facilmente oggi calcolabile con elevata precisione; b) livello di marea meteorologica, ovvero la componente di marea, di sovralzo sul livello normale del medio mare, causato dall’azione continua dei venti prevalentemente meridionali sulla superficie dell’Adriatico; esso è ancora oggi oggetto di studio scientifico al fine di poterne prevedere le variazioni con il minore margine possibile di errore utilizzando software specifici; c) la sessa, ovvero il movimento periodico delle acque all’interno di un bacino chiuso: un catino, un lago od anche un mare. Le onde di sessa consistono in moti oscillatori che si originano in conseguenza di improvvisi abbassamenti della pressione atmosferica. L’oscillazione fondamentale della sessa ha un periodo caratteristico di 21-22 ore circa; ve ne sono poi di secondarie. Grazie allo sfasamento di quasi 3 ore tra la periodicità astronomica della marea (oltre 24 ore) e la sessa (circa 21-22 ore), spesso l’oscillazione può trovarsi in fase con il massimo di marea astronomica e produrre acqua alta. La sessa fu determinante durante l’Acqua Alta eccezionale del 4 novembre 1966. I fortissimi venti sciroccali (registrate raffiche di quasi 100 km/h a Tessera) e la rapida diminuzione della pressione sulla laguna veneta, furono la causa principale di questo triste record.
I fatti: Lo sfondamento in più punti dei murazzi (opera di difesa che delimita la laguna dal mare) causò anche una notevole persistenza dell’acqua alta, con la marea che rimase per 22 ore sopra quota 110 cm e per circa 40 ore sopra i 50 cm. Il contributo meteorologico fu impressionante: 185 cm. E per fortuna che la marea astronomica era di soli 9 cm, altrimenti l’evento sarebbe stato ancor più rilevante. La marea raggiunse alle ore 1:30 del 4 novembre quota +127 cm. Lo Scirocco impedì il deflusso delle acque. Alle ore 18:00 si raggiunsero al mareografo di Punta della Salute i 194 cm, il più alto valore mai registrato. Danni ingenti con i telefoni, l’elettricità e il gas completamente fuori uso.

1918-2020, 102 anni dopo, un’ Italia più unita di oggi!

Tutti noi abbiamo studiato quella Storia di un’Italia che usciva vincitrice, ormai più d’un secolo fa, dal Primo Conflitto Mondiale che grossomodo, come una tempesta, imperversò dal 1915 al 1918 in Europa, ma col timore incombente che i nemici Austriaci potessero in qualche modo avanzare dilagando dalle Venezie come Bora verso il resto della Valpadana e, chissà, giù come un’invasione barbarica verso Roma.

Non fu certo la lungimiranza dei nostri generali né tantomeno la destrezza delle eterogenee nonché poco più che imberbi truppe italiane dell’immaturo regno d’Italia a convincere l’Austria alla resa: l’Italia dell’inizio Novembre 1918 poteva contare piuttosto su due alleati d’eccellenza, che non erano certo Francia e Inghilterra, bensì l’Influenza Spagnola e, appunto, il Meteo avverso, il maltempo, tipico dell’Inizio di Novembre.

Già nella primavera del 1918 proprio tra Febbraio e Marzo in Spagna si era diffusa infatti una violenta forma influenzale che, complici le carenti o assenti curi mediche, provocò numerose vittime sia nella penisola iberica sia nel resto dell’Europa già alle prese con la Guerra. Poi come d’incanto, nell’Estate dello stesso anno il virus fece un passo indietro e sembrò essersene andato: esattamente come il coronavirus in questo 2020.

Le operazioni belliche ripresero dunque senza preoccuparsi più di tanto se e quando ci sarebbe stata una seconda, recrudescente, ondata: gli interessi economici e strategici prevalevano, così come oggi.

Poi improvvisamente, ad Ottobre, tutto cambiò: il virus dell’influenza ricomparve con veemenza ancora maggiore e con crescita ovviamente esponenziale, non solo fra la popolazione del vecchio continente, ma soprattutto tra le truppe che non potevano di certo mantenere il “distanziamento sociale”!

Contemporaneamente, verso la fine del mese di Ottobre, come spesso accade in Autunno, correnti sciroccali si misero in marcia dall’entroterra tunisino e libico, arricchendosi dunque (e non poco) di umidità nel loro lunghissimo tragitto sul Mediterraneo, risalendo su su lungo l’Adriatico, fino a raggiungere il Friuli, il Veneto e proprio quella valle del Piave, sede del sanguinoso fronte che faticosamente gli italiani avevano in qualche modo costruito per fronteggiare l’avanzata del nemico. Pioggia incessante e non solo bombe piombavano sugli eserciti ormai stremati e ammalati dalla Spagnola. Era giunto il momento di evitare una strage colossale e inconcludente.
Alla fine si contarono 500 mila i morti o forse più: ma la Spagnola fece la gran parte delle vittime!
Arriviamo dunque al 4 Novembre 1918 quando divenne esecutivo l’armistizio firmato a Villa Giusti presso Padova (zona Mandria) tra il Generale Badoglio e il Generale Weber, sancendo così la fine delle ostilità tra l’Italia e l’Impero Austro-Ungarico; era una giornata grigia come quella attuale, che segnò profondamente la nostra Storia e nella quale, dopo un lungo sanguinosissimo conflitto, l’Italia si ritrovò per la prima volta veramente unita, per certi versi molto più unita di oggi.

Riflettiamo dunque che nulla è a caso e nulla è per sempre: il particolare momento storico di pace tra gli stati europei che oggi viviamo non è un caso, ma è frutto della lungimiranza di chi ha vissuto prima di noi in seguito alle terribili esperienze delle guerre, frutto del loro acume e della loro cultura, che oggi vengono messi in discussione da chi quelle guerre non le ha né combattute né vissute e che la cultura non ha nessuna intenzione di insegnarla al proprio popolo.

Oggi ci ritroviamo non solo in un paese ancor più diviso di allora, con regioni che litigano per questa o quella autonomia, per questo o quel denaro, ma, ahinoi, la lezione più importante, quella della Natura, che è sempre lì a guardarci e che si esprime, vuoi con la diffusione delle pestilenze e dei virus, vuoi con le distruzioni dettate dal ciclico maltempo, NO, non vogliamo propria né capirla né impararla.

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